sabato, dicembre 31, 2011

Inno alla vita pensando alla fine d'anno

C. D. Friedrich


La fine dell’anno, qualsiasi anno, è sempre tempo di bilanci passati e aspettative future. Oggi è il 31 dicembre 2011, un girono di confine tra quello che domani sarà già ieri, e quello che domani sarà semplicemente l’oggi di un nuovo inizio, che si spera migliore. Certo, le aspettative future che sta dandoci il governo Monti inducono a pensare che peggio non si potrà stare ed ecco, quindi, il vostro amico Rino, sulla sua isoletta del sogno, quella che, spero, ogni volta mi abbiate letto, vi abbia divertito o incuriosito, chissà, ma, soprattutto, indotti a pensare ad altro.
Oggi anche per me, specialmente ripensando alla morte del caro Gad, sarà giornata di bilanci, nel corso della quale tenterò di togliermi qualche sassolino dalla scarpa per vivere più alleggerito e più determinato che mia il nuovo anno.

In ultimo, vorrei regalarvi delle parole della poetessa polacca Nobel per la Letteratura nel 1996, Wislawa Szymborska, la quale sa apprezzare, come pochi ormai, l’essenzialità dell’esistenza.

Buona fine e buon principio, con l’augurio che il passaggio di confine sia il meno traumatico ma simpatico possibile!



Sei bella - dico alla vita -

è impensabile più rigoglio,

più rane e più usignoli,

più formiche e più germogli.

Cerco di accattivarmela,

di blandirla, vezzeggiarla.

La saluto sempre per prima

con umile espressione.

Le taglio la strada da sinistra,

le taglio la strada da destra,

e mi innalzo nell’incanto,

e cado per lo stupore.

Quanto è di campo questo grillo, e

di bosco questo frutto –

mai l’avrei creduto

se non fossi vissuto!

Non trovo nulla – le dico –

a cui paragonarti.

Nessuno ha fatto un’altra pigna

né migliore, né peggiore.

Lodo la tua larghezza,

inventiva ed esattezza,

e cos’altro – e cosa più –

magia, stregoneria.

Mai vorrei recarti offesa,

né adirarti per dileggio.

Da centomila anni almeno

sorridendo ti corteggio.

Tiro la vita per una foglia:

si è fermata? Se n’è accorta?

Si è scordata dove corre,

almeno per una volta.


martedì, dicembre 27, 2011

Mentre Rino si riposa...

Bene, bene! Come avete trascorso il Natale? Spero vi siate divertiti, abbiate mangiato tanto ma non siate ingrassati e mi abbiate fato una visitina tra una giocata e l’altra…scrivo bene?

Il vostro amico Rino si sta riposando, proprio come sta facendo Snoopy sopra la sua cuccia agghindata…belle le lucine colorate, vero?

Rino si riposa senza omettere di scrivervi un promemoria perché ci sono ancora di mostre in corso a Palermo, alcune delle quali chiuderanno a breve. Eccovi un elenco completo di quello di cui vi ho scritto:

1) si chiude l’8 gennaio 2012Christo e Jeanne Claude”, mostra di pittura scultura e progetti di questi due eccentrici artisti impacchettatori a Palazzo dei Normanni;
2) si chiude il 10 gennaio, invece, una mostra poco pubblicizzata ma che risulta essere un’esposizione poco tradizionale “Le voci del Mediterraneo” all’Arsenale di Palermo;
3) fino al 6 febbraio sarà visitabile “Da Sciuti a Dorazio. La Collezione d’Arte Moderna della Regione Siciliana”, a Palazzo Ajutamicristo;
4) fino al 20 marzo 2012 all’Albergo delle Povere ci saranno le “Avanguardie russe”.

Fino al 15 gennaio 2012, inoltre, saranno visitabili “I presepi dal mondo”, come in ben 5 differenti post vi ho segnalato.

Infine, è stata prorogata fino all'8 gennaio 2012 "Etnoradiografia siciliana", aspitata all'Orto Botanico.
Buona feste!

P.s. Ovviamente cliccando sui vari titoli delle mostre si apre il collegamento ai post ad esse dedicate, qualora vorreste rinfrescarvi la memoria...

venerdì, dicembre 23, 2011

Presepi dal mondo, ultima parte: Sud America

Concludo la serie di post prenatalizi con le foto di alcuni presepi sudamericani inclusi in “I Presepi dal Mondo”, mostra ospitata all’Istituto San Giuseppe di corso Tukory 204.

Spiccano i presepi realizzati dentro le zucche o i cui personaggi sono delle piccole zucche,


o delle figurine di terracotta entro i più vari gusci, come quelli di noci giganti brasiliane,


Altri sono dei piccoli tesori di stoffa,


mentre altri ancora mescolano terracotta e foglie di mais essiccate e intrecciate.




giovedì, dicembre 22, 2011

Presepi dal Nord America

Presepe con piccoli indiani

Oggi, continuando a mostrarvi i Presepi dal Mondo, eccovi una sparuta sequenza di immagini di esemplari provenienti dal Nord America.


Presepe messicano con perline

Moltissimi sono i presepi messicani, dei quali ho inserito 3 foto. Molto particolare è il presepe nel quale tutte le figure sono interamente ricoperti di perline colorate; altrettanto lo è il presepe di terracotta i cui personaggi, in luogo dell’aureola, recano in testa tanti spuntoni, che simboleggiano i peccati che Gesù Cristo, venuto sulla Terra, ha dovuto espiare per l’intera umanità.

Presepe messicano con gli "spuntoni"

mercoledì, dicembre 21, 2011

I presepi dal Mondo..e dall'Africa


I presepi dal mondo”, dopo essere partiti dal Medio Oriente e dopo aver attraversato l’Europa, oggi sostano in Africa, terra decisamente più soleggiata e meno ventosa della Palermo d’oggi.

Sono, per lo più, di legno, di canne e di fili d'erba seccati e modellati e riflettono un legame fortissimo con la propria terra e le proprie tradizioni culturali.
Penso che quelli qui riprodotti siano i più sincretici della collezione: essi fondono, infatti, le credenze radicate della religiosità mista alla magia delle varie etnie africane con le credenze cristiane divulgate dai missionari nei secoli; essi sono, inoltre,espressione dell’istinto di conservazione di modi d’essere e di pensare così congeniti da risultare impossibile sradicarli in toto.

Presepe etiopico ricavato da una radice

Scriveva bene Rigoberta Menchù quando riconosceva che sì ella e il suo popolo potevano dirsi cattolici mentre continuavano a preservare un attaccamento quasi febbrile al culto del Sole e di tante altre forze insite nella natura, la quale, in modo fin troppo tangibile, se ben custodita e ringraziata, ha sempre nutrito coi suoi frutti tutte le sue creature.

martedì, dicembre 20, 2011

Presepi dal mondo: Sicilia e resto d'Europa

Oggi continuo ad inserire le immagini di alcuni esemplari europei e, nello specifico, siciliani, de “I presepi dal mondo”, ospitata all’Istituto San Francesco di corso Tukory 204 a Palermo.


Molti sono delle vere e proprie preziose miniature: la seguente è la foto di un presepe tutto realizzato con scorze essiccate d’arancia:

Presepe con la scorza d'arancia
Segue, scattata dietro una lente d’ingrandimento, un presepe dentro un guscio di pistacchio:

Presepe dentro il guscio di pistacchio

Singolarissimo e assai pregiato è, infine, il presepe dentro una conchiglia decorato con argento e corallo:

Presepe dentro una conchiglia con corallo e argento
Avrei potuto inserire ulteriori foto in cui comparivano presepi sia grandi che piccoli e, come anticipavo ieri, dei più svariati e inconsueti materiali ma prederisco incuriosirvi per costringervi ad andare personalmente a vederli...andateci a piedi, però, considerato il traffico natalizio...stupefacente, no? non siam in tempo di crisi?

lunedì, dicembre 19, 2011

I presepi dal mondo: Oriente e Paesi Arabi

Ufficialmente, un po’ tutti i cristiani lo sanno, la tradizione del presepe è nata da un’idea di San Francesco d’Assisi, il quale, nel 1223, a Grecio, un piccolo paese in provincia di Rieti, manifestò, poco dopo attuato, il desiderio di celebrare il Natale inscenando la nascita di Gesù, deposto in una mangiatoia di una grotta (o forse una stalla?) di Betlemme e visitato, a gran festa, da tutti i pastori che, nottetempo, nel circondario, stavano vegliando il loro gregge.

Presepe arabo
Ecco quanto scriveva frate Tommaso da Celano, biografo del santo, a proposito dell’evento: “Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza di cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”.

Da allora (in Provenza anche prima!) ogni Natale, nelle chiese e nelle case cristiane, non manca un presepe, spesso ridotto all’essenza, vale a dire formato soltanto da Gesù bambino, Giuseppe e Maria, il bue e l’asinello o includente, nei casi ancor più sparuti, il solo nucleo familiare.

Presepe arabo

Questa settimana, in attesa del Natale, che anche gli atei festeggiano, sebbene con spirito diverso, perché imbricati nell’atmosfera che tale festa riesce ad originare, vorrei proporvi tutta una serie di foto scattate nel corso della visita del vostro amico Rino, insieme con il suo compare Philosophegg, alla mostra “I Presepi dal mondo”, una collezione (da poco aggiornata) di ben 252 presepi appartenente all’Ordine delle Figlie della Croce, ospitata dall’Istituto San Giuseppe, in corso Tukory 204, a Palermo.

Sono 252 presepi di varia foggia, fattura, dimensioni e nazionalità: si va dai piccolissimi, dentro il guscio di pistacchio, ai più grandi, come quelli africani, con tanto di capanna gigante e personaggi ad essa adattati; i materiali vanno dalla terracotta al legno, all’avorio fino ad arrivare alle foglie, ai semi, scorze d’arancia o foglie essiccate del mais; moltissimi provengono dalla Terrasanta ma molti altri dalla foresta Amazzonica e dal Messico.

Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Pare di fare il giro del mondo e delle tradizioni culturali(figlie del sincretismo religioso) non in 80 giorni ma in mezz’ora circa. La visita è accompagnata da guide improvvisate abbastanza preparate ma, soprattutto, appassionate.

Presepe proveniente dal Medio Oriente

In ultimo, vorrei scrivere due parole sul biglietto d’ingresso: si paga 2 euro simbolicamente poiché questo contributo vorrebbe poter finanziare una prossima missione che le suore vorrebbero costituire nel povero villaggio di Lutondo, nell’ex-Congo belga.

Tutti i presepi, dei quali ho inserito le foto, provengono tutti da paesi arabi e dal Medio Oriente. Nei prossimi giorni inserirò foto di presepi europei, africani, infine del Nord e del Sud America.

Presepe proveniente da Betlemme

Titolo: I Presepi dal Mondo

Fino al 15 gennaio 2012

Dove: Istituto San Giuseppe, corso Tukory 204

Orari: tutti i giorni 10-12; 16,30-19,30

Biglietto 2 euro

domenica, dicembre 18, 2011

Arte Moderna DOS(denominazione di origine siciliana) a Palazzo Ajutamicristo

G. Sciuti-La verità scoperta dal tempo
Fino al 6 febbraio del 2012Da Sciuti a Dorazio. La Collezione d’Arte Moderna della Regione Siciliana” sarà visitabile al 3° piano di un’ala del sontuoso e vastissimo Palazzo Ajutamicristo di via Garibaldi 41, a Palermo.

Tale mostra collettiva ospita ed espone per la prima volta al pubblico circa 80 opere della collezione d’arte moderna della Sicilia, opere che, per anni, sono state acquisite e custodite negli uffici e nei depositi delle varie sedi istituzionali regionali.

Essa si apre con 2 opere di fine ‘800 di due pittori italiani ma non siciliani, Umberto Coromaldi e, come mostra la prima foto, la suggestiva “La verità scoperta dal tempo” di Giorgio Sciuti. Essa prosegue, quasi interamente, con quadri e sculture di artisti, quasi per intero, siciliani, che coprono un arco di tempo che va dai primi anni ’20 del Novecento fino ad arrivare ai giorni nostri: spiccano, chiaramente, i nomi dei più noti a livello internazionale, quali Renato Guttuso, Pippo Rizzo, Giambecchina, Nino Franchina o Bruno Caruso, al quale, negli ultimi anni, la città di Palermo ha dedicato varie personali, ma moltissime altre sono le opere di artisti, soprattutto scultori, forse poco noti al grande pubblico ma, oserei scrivere, davvero talentuose. In foto ho voluto, infatti, riportare il bassorilievo classicheggiante di Giovanni Rosone intitolato “Battaglia, quasi una fantasia”.

G. Rosone- Battaglia, quasi una fantasia

È davvero una raccolta interessante e che consiglio di visitare…se riuscite a trovare a primo colpo l’ingresso dato che, soprattutto nel tardo pomeriggio e al buio, non è facilmente individuabile.

Non affidatevi troppo alle figuriniste(come le chiamo io!) perché a stento, almeno alcune, parlano l’italiano (del resto, la mostra non è d’artisti siciliani?) e, in superficie, pare che d’arte ne capiscano poco…

R. Guttuso- Paesaggio siciliano


Titolo: Da Sciuti a Dorazio. La Collezione d’Arte Moderna della Regione Sicilia

Fino al 6 febbraio 2012

Dove: Palazzo Ajutamicristo, via Garibaldi 41

Orari: mar.-sab. 9-18; festivi 9-13

Ingresso gratuito

lunedì, dicembre 12, 2011

Lux, Lucia e Babba Natale

Domani 13 dicembre, come da calendario, si festeggia Santa Lucia, la cui festa è molto attesa, nel Siracusano, in particolare, e in Sicilia, in generale ma anche, per motivi assai diversi, nel Nord Italia e nei paesi scandinavi.

Andiamo, solo per poche righe, alle arcinote tradizioni siciliane: questa vergine vissuta, come Santa Bibiana, nei primi secoli dell’era cristiana (siamo intorno al III secolo d.C.)probabilmente a Siracusa, fu perseguitata dai romani e barbaramente martirizzata. L’atroce supplizio, che subì, fu quello che contraddistingue il suo emblema: le furono strappati gli occhi. Nell’iconografia Santa Lucia è rappresentata come una giovane donna che reca in mano un piattino sul quale sono adagiati 2 globi oculari… immaginate la mia impressione da bambino quando vedevo la sua figura? Avevo un po’ paura, sapete?

Dopo alcuni secoli, intorno al 1646, il suo nome comincia a essere legato più fortemente a quello di Siracusa: durante una gravissima carestia, dopo che il suo simulacro fu portato in processione per le vie della città, delle grossi navi cariche di grano attraccarono a Siracusa e la fame della povera gente fu placata.

Da allora, il 13 dicembre, un po’ in tutta la Sicilia, tutti gli isolani si astengono dal mangiar pane e pasta preferendo loro un elenco di prelibatezze: la cuccia, condita con la ricotta o con la cioccolata, arancine (femmine, sì!) con carne, al burro o in tante varietà che variano da rosticceria a rosticceria( avete mai assaggiato quelle col cioccolato?), risotti d’ogni genere, ceci e fave bolliti, il famoso “gattò” di patate (la sicilianizzazione del gateau)…insomma, un macigno per chi adora stare a stecchetto!

E veniamo alle tradizioni nordiche… dimenticatevi Babbo Natale come un vecchio sovrappeso un po’ troppo gongolante che guida una slitta trascinata da renne super schiavizzate!

La notte del 12 dicembre, vale a dire la vigilia della festa di Santa Lucia, è credenza comune che Santa Lucia, vestita interamente di bianco, in groppa ad un simpatico asinello, porti doni e dolci ai bambini, che, attendendola, accendono per lei una candela: del resto il termine Lucia deriva proprio dal latino lux, che significa luce…e la luce chiama la luce, no? Per meglio precisare, era Lucia a portare la luce dopo un inverno alquanto buio. Fino al 1582, infatti, dall’adozione del calendario gregoriano, la festa cadeva intorno al 21 dicembre, il dì più corto dell’anno, e festeggiare Santa Lucia è sempre equivalso ad inaugurare un nuovo ciclo, quello in cui le ore di luce aumentavano e i frutti sotto terra, scaldandosi più a lungo, germogliavano e crescevano più rapidamente.

In molte città italiane è pratica corrente far vestire una bambina di bianco e farle percorrere le vie in groppa ad un asino, proprio come la santa e in attesa che ella possa compiere analogo cammino.

Gli elementi quasi onnipresenti sono i semi, dato che la cuccia non è altro che chicchi di grano bolliti, le arance, frutto di stagione, che, non per caso, in Sicilia sono accompagnate dalle arancine e i dolci.

Buona Santa Lucia a tutti!

mercoledì, dicembre 07, 2011

Un ringraziamento particolare

Oggi ho deciso di scrivere un post un po’ inconsueto, dato che, da domani, ufficialmente, si entra nel periodo natalizio…a proposito, vi è piaciuto il modo in cui ho “addobbato” il blog?

Poiché a Natale un po’ tutti cercano d’essere più buoni(ma solo a Natale, però!)e gentili, vorrei cogliere l’occasione per ringraziare il fotografo autore di quasi tutte le foto dell’intero blog, il mio (unico superstite!) fidato amico e, eternamente, compare numero 2 (perché al primo posto ci sarà sempre il Gadrino, sigh!) ma anche sosia del più celebre Humpty Alexander Dumpty.

Vi presento Philosophegg


in un’immagine che gli ho scattato di sorpresa, proprio mentre indossava la sua tenuta da fotografo infiltrato. Sarà un po’ lento e a volte pigro perché appesantito dal fatto d’essere un uovo sodo ma quando deve trovare una soluzione ad un problema sa essere più rapido di Flash e non a caso, col flash, è proprio bravo!

Grazie Philosophegg, senza di te e (le tue foto) non so come farei!

domenica, dicembre 04, 2011

Made in Sicily (se vi fanno entrare) e Avanguardie Russe all'Albergo delle Povere

Meraviglia delle meraviglie, all’Albergo delle Povere di corso Calatafimi, a Palermo, sono, attualmente, in corso ben 2 mostre, cui si aggiungerà, come di consueto, a partire dall’8 dicembre, la visita al presepe artigianale animato…e saranno 3…ma tutti visitabili contemporaneamente? Solo in teoria.

Andiamo per ordine! Fino al 23 dicembre 2011 sarà visitabile “Made in Sicily. L’arte siciliana in vetrina”, una collettiva di ben 176 artisti siciliani, da Michele Canzoneri a Tito Signorini, da Pupino Samonà a Giambecchina, incluso Leonardo Cumbo, del quale è l’opera Attrazione repulsiva che introduce alla visita.

Qual è il problema? Che questa mostra apre solo quando c’è materialmente qualcuno che apre i cancelli e, soprattutto, quando il personale “figurinista” va a fare il suo dovere! Il vostro caro amico Rino avrebbe voluto scrivere più diffusamente di un’esposizione tutta in salsa locale ma la mancanza di personale non l’ha consentito.

Andiamo alla seconda. Inaugurata venerdì 2 dicembre, sarà visitabile fino al 20 marzo 2012Avanguardie russe”, una collettiva d’opere, prestate da ben 11 diversi musei russi, tra le più rappresentative delle correnti artistiche d’avanguardia tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento: futurismo, cubofuturismo, suprematismo e pragmatismo e tanto astrattismo. Solo per ricordare dei nomi figurano, ad esempio, alcune opere di Kazimir Malevic, cubofuturista e suprematista e dei paesaggi stilizzati del noto Vasilij Kandisky e opere astratte dell’arcinoto Marc Chagall. Molta di quest’arte astratta parla al femminile: su tutti spiccano le opere espressioniste di Natalia Goncharova, la quale creò un sodalizio artistico-sentimentale con Mikhail Larionov.

Non è possibile scattare foto, sebbene i figurinisti non controllino minimamente se qualcuno, senza troppo pudore, tenti di farlo.

Lorenzo Cumbo- Attrazione repulsiva


Titolo 1: Made in Sicily
Fino al 23 dicembre
Titolo 2: Avanguardie russe
Fino al 20 marzo
Dove: Albergo delle Povere,
corso Calatafimi, 219
Orari: lun.-sab. 9-13; 15-19
Ingresso gratuito



venerdì, dicembre 02, 2011

Sole o pioggia? Chiedete a Bibiana!

Da anni ormai, nel giorno del 2 dicembre, sento recitare il detto “Si chiovi pi santa Bbibiana, chiovi un misi e na simana”, l’avete mai sentito dire ad un nonno o a un genitore?

Per fortuna che oggi a Palermo c’è il sole, avete visto? Speriamo tenga per il resto della giornata allora!

Il detto è, in verità, la sicilianizzazione del latino "Ut Bibianae dies sic quadraginta dies" e ha anche parecchia somiglianza col piemontese “Santa Bibiana, quaranta dì e na smana”, secondo il quale, però, a piovere sarebbero 47 giorni, non 37 come in Sicilia…sarà che al Sud è sempre più bello che al Nord? Immagino di sì!
Un'altra variante, in Sicilia poco nota, è l'altro proverbio "Santa Bibiana scarpe di ferro e calze di lana", corroboranti il fatto che, dopo il 2 dicembre, in molte zone il freddo invernale inizia a farsi sentire...
Memore il ricordo di questi detti, oggi vorrei dedicare, mentre accenno una danza anti-pioggia, il mio post a questa santa, il cui nome deriva dal verbo sia latino che italiano “vivere” e che presentava, anticamente, la doppia forma Viviana (oggi comune) e Bibiana, la cui scarsa musicalità l’ha solo reso un astruso nome da santo da calendario, e, di conseguenza, poco di moda.


Chi era Bibiana? Era una ragazzina romana (e di Roma) e cristiana vissuta nel IV secolo, ai tempi del famigerato (per via del suo vezzo di cambiar partito come un bandierone al vento!) imperatore Giuliano l’Apostata, il quale la perseguitò e, dato che si rifiutò di rinnegare la fede che aveva abbracciato insieme con la sua famiglia, fu sottoposta a torture che la condussero alla morte. Come fu torturata? Bè, come è risaputo, i Romani erano “bravissimi” a ideare torture sempre più varie, fantasiose e, soprattutto, dolorose: Bibiana fu legata ad una colonna e flagellata con le piombate, fasci di verghe, cui erano legati pallini di piombo. Dopo la sua morte, avvenuta dopo 4 giorni, il suo corpo fu gettato a dei cani randagi, che, con stupore generale, non se ne cibarono.

Sulla sua tomba, Papa Simplicio, a metà del V secolo, decise di edificare una chiesa a lei dedicata sul colle Esquilino.

Santa Bibiana, la santa del tempo, è anche, popolarmente, ritenuta una dei tanti santi guaritori. Secondo alcune versioni, ella potrebbe guarire dall’epilessia e alleviare il mal di testa. All’epoca in cui fu martirizzata, si narra che certa gente, raschiando la colonna alla quale ella era stata legata, ne ricavasse una polvere miracolosa in grado di guarire dall’epilessia, in certi paesi siciliani chiamata Motu e considerata una sorta di possessione operata da spiriti malevoli.

Secondo Giuseppe Pitrè, che, però, non cita espressamente Santa Bibiana, la cura più comune per curare l’epilessia era quella di spruzzare sul paziente l’acqua benedetta di setti parrocchi fimminini, cioè sette chiese dedicate a sante donne…non avrei dubbi a ritenere che ci fosse la nostra santa!

Altro disturbo che Santa Bibiana sarebbe in grado di alleviare è il mal di testa, che gli antichi cristiani solevano curare raccogliendo e triturando l’erba portentosa che cresceva nel giardino della chiesa a lei dedicata, quella sull’Esquilino. Su questo la tradizione raccolta da Pitrè pare avere dei punti di contatto: tra i vari rimedi per curare u duluri i testa, egli menziona quello di bere il succo ricavato da un’erba detta erba di suli, che non è stato, però, in grado di catalogare.

L’erba di suli potrebbe quindi essere l’erba di Santa Bibiana? A ben rifletterci questo suli potrebbe essere assimilato alla vita della quale la Santa è portatrice e che oggi troneggia nel nostro cielo siciliano?

Non ai posteri ma ai nostri avi la non troppo ardua sentenza!

Buona giornata!

domenica, novembre 27, 2011

Un'Etno-Radiografia della Sicilianità all'Orto Botanico

Tavola dei malanni e rispettive cure (se ingrandite, è possibile leggere ogni voce in essa contenuta)
Sarà visitabile fino(secondo alcune indiscrezioni) al 22 dicembre 2011, all’Orto Botanico di Palermo, la mostra “Etnoradiografia delle identità siciliane”. Essa riunisce prevalentemente manoscritti, quaderni e volumi, oggetti d’uso quotidiano come le ceramiche di Santo Stefano di Camastra, foto documentarie delle genti siciliane, tutti materiali messi a disposizione dal Centro Internazionale di Etnostoria, fondato negli anni ’70 dall’esimio studioso Aurelio Rigoli. Tale studioso, attualmente presidente del Centro e docente presso la facoltà di Scienze della Formazione all’Università degli Studi di Palermo, è stato, dopo Giuseppe Pitrè con la Demopsicologia (oggi Storia delle Tradizioni Popolari), il fondatore di una nuova disciplina, l’Etnostoria, il cui insegnamento, da quando è nata, ha avuto una diffusione epidemica in moltissimi altri atenei italiani. L’etnostorico è un professionista che, utilizzando documenti sia scritti che fonti orali, osservando gesti e tecniche corporee, analizzando oggetti propri della cultura materiale, riesce ad elaborare una equilibrata fisionomia delle istituzioni che conformano le culture generalmente “altre” che, nel caso specifico di Rigoli, sono le culture popolari siciliane.

Tra i materiali in mostra figurano i primi studi di Salvatore Salomone Marino del racconto popolare della Baronessa di Carini, che Rigoli incrementò, interrogando vari cantastorie, raccogliendo centinaia e centinaia di altre varianti; interessanti sono i disegni preparatori usati dai pittori dei cartelloni, affissi davanti ai teatri dei pupi e dei copioni manoscritti degli stessi pupari risalenti alla seconda metà dell’Ottocento e primi del Novecento raccolti a Catania da Rigoli.
Copioni dei pupari

Numerosissimi i testi sia di demologi che di ricercatori ma anche di semplici appassionati di culture popolari: ci sono quasi per intero i 25 volumi della Biblioteca delle Tradizioni Popolari di Giuseppe Pitrè, numerosi manuali di Medici Popolare o Etnoiatria, con annesse le immagini dei santi da invocare in aggiunta al trattamento in caso di malesseri specifici.

Molte sono, infine, le riproduzioni di foto di scorci di paesaggi siciliani e di persone nel pieno svolgimento delle azioni più quotidiane.

Quali sono le pecche? Mancano i pannelli informativi, che, in genere, risultano assai utili a chi mastica poco o non proprio bene i temi della cultura popolare; avrei inoltre preferito ammirare gli originali delle foto invece delle riproduzioni che frenano la riappropriazione della propria cultura ai visitatori siciliani.

Titolo: Etnoradiografia delle identità siciliane
Dove: Orto Botanico
Fino a: 22 dicembre
Orari: tutti i giorni, 10-13; 15-17
Ingresso gratuito

domenica, novembre 20, 2011

1856. Storia di pupi e di pupari a Cefalù

Marco Manera
Venerdì 25 novembre 2011, alle ore 21,30, il giovane attore cefaludese Marco Manera inscenerà “1856. Storia di pupi e di pupari”, presso il Teatro Comunale intitolato a Salvo Cicero, sito nella ridente località di Cefalù.

L’istrionico Manera, definito un “one show man” perché capace tutto da solo di varcare il palcoscenico e di conquistare con una pregna recitazione mista a canto tutta un’intera platea, 5 anni dopo la prima rappresentazione, celebrativa del 150° anniversario dei moti risorgimentali cefaludesi, ripropone “1856. Storia di pupi e di pupari”, non a caso, in occasione dei 150° dalla conquista dell’Unità d’Italia.

Tale opera in 2 atti celebra la figura del patriota di Cefalù Salvatore Spinuzza, che, dopo avere preso parte attiva ai moti antiborbonici del 1848, riprese la sua lotta proprio il 25 novembre del 1856, a seguito della quale fu arrestato e, nel marzo successivo, fucilato.

Pupi o pupari?
L’opera del giovane Manera è un tributo al morto giovane Spinuzza e, esulando dallo specifico contesto, a tutti coloro che, resi pupi dalla vita e da, spesso ignoti, pupari, reagiscono per riprendere il controllo dei propri fili, tagliando legami ormai usurati.


Titolo: 1856. Storia di pupi e di pupari
Di e con: Marco Manera
Quando: 25 novembre 2011
Dove: Teatro Comunale "Salvo Cicero"
via Spinuzza 115, Cefalù (Pa)
Ingresso libero

giovedì, novembre 17, 2011

Tra un mese (o poco meno) arriva il Gatto con gli Stivali...ansiosi,eh?


È iniziato il conto alla rovescia! Tra un mese meno un giorno esce, finalmente, in Italia “Il gatto con gli stivali”, film tanto pubblicizzato e assai atteso soprattutto dopo la conclusione un po’ malinconica della tetralogia Shrekkiana, che il mio caro amico Gad aveva visto e rivisto fusando a crepapelle.

Dopo essere lo scorso 28 ottobre in Usa con il titolo Puss in Boots, questo spin-off ha già guadagnato circa 75 milioni e mezzo di dollari in sole 3 settimane palesando il grande successo che il Perraultiano animaletto, tutto rivisto dalla Dreamworks, ha avuto in giro per il mondo.

Cosa avrà conquistato mezzo pianeta (escluse le acque che non ama valicare!)? Il suo caliente accento latino, i suoi occhioni super dilatati o la sua fierezza gattesca, sempre accantonata davanti ad una tazza di latte o una lucetta ipnotica? Penso ogni cosa singolarmente e il tutto complessivamente!

In questo attesissimo film, che funge da prequel all’avventure vissute con il caro amico Shrek, il Gatto con gli Stivali, a metà tra un cowboy fuorilegge e un pirata senza benda, parte alla ricerca della rediviva Oca dalla Uova d’Oro, in cima ad un castello che fluttua per aria. Ad accompagnarlo ci sono due compagni di viaggio assai particolari: la gattina Kitty Zampe di Velluto e Humpty Dumpty, un omino-ovone.

I cattivoni di turno non somigliano minimamente né alla Fata Madrina, né tantomeno al Principe Azzurro: sono una coppia di brutti e cattivissimi grassoni, Jack e Jill.

Chi avrà la meglio? Sul finale non scommetterei perché credo di immaginarlo. Quel che di certo mi aspetto sono tante risate e un buon effetto 3D.

Spero di divertirmi il doppio, inoltre, proprio al posto del mio compare Gad, che non c’è più.

domenica, novembre 13, 2011

Le Impressioni Panormitane di Baragli alla Galleria Mediterranea

E' visitabile fino al 27 novembre del 2011 la personale “Impressioni in Sicilia” dell’artista, che oserei definire un Palermitano DOC, Guido Baragli, presso la Galleria Mediterranea, sita in via Mariano D’Amelio 28-30, a Palermo.

Questa piccola esposizione, che annovera solo una quindicina di opere, realizzate tra il 2003 e il 2010, è “uno sguardo allo sguardo” della quotidianità dell’artista, che vive a Mondello, a pochissimi passi dal porticciolo e dalle barchette multicolore in esso ormeggiate. Questo sguardo vede scorci di barche multicolori, vede ciotole di frutta, vede piatti di merluzzi nervosi, vede le partire dell’amato Palermo.

Quel che resta impresso nello sguardo dell’artista, che non oserei (non come prima) definire soltanto un pittore, quel che, apparentemente, le vite frenetiche non guardano perché non vi si soffermano, sono il polo d’attrazione di Baragli, il quale non si limita solo a guardare ma a scavare per ricoprire. Ed ecco l’originalità della sua tecnica-tecniche: predilige, infatti, il cartone catramato, su cui spalma smalto e oli con effetti in controluce molto interessanti. La realtà dell’opera, come della vita, non può, quindi, essere solo apparenza ma una profondità apparente, anche nelle immagini più “banali”.

Degno di nota è, infine, il fatto che la neonata rivista “21” ha dedicato un intero articolo critico con immagini nel suo secondo numero.


"Piatto di merluzzi nervosi": se osservate i pesci dal basso all'alto, l'espressione diventa sempre più ringhiosa


Pecche? Malgrado la gallerista sia cortese e gentile, gli orari della galleria lasciano a desiderare! Gli orari, infatti, in cui è visitabile sono davvero ristretti: sebbene sia una delle poche a Palermo ad essere aperta anche di lunedì, quando tutto langue, è visitabile solo per un totale di 3 ore e mezza al giorno, il che è poco.

Titolo: Impressioni in Sicilia
Dove: Galleria Mediterranea, via D’Amelio 28-30
Fino a: 27 novembre 2011
Orari: lun.-dom. 11-12,30; 17,30-19,30
Ingresso gratuito

mercoledì, novembre 09, 2011

Un pittore palermitano super star a Milano ospite a Palazzo S.Elia: Vito Vaccaro

Dopo la conclusione della lussureggiante mostra dedicata ai costumi della Collezione Piraino, dal 27 ottobre 2011 al 27 novembre Palazzo S. Elia ospita “Vito Vaccaro. Un filo che si riannoda”.


La storia di Vito Vaccaro è simile a quella di tanti artisti del Sud Italia che, per affermarsi e far strada, sono costretti a lasciare la propria terra, senza mai rinnegare le proprie origini.

Vito Vaccaro somiglia in tutto e per tutto ad un antenato latino di Steve Jobs, se ben riflettiamo: diplomatosi grazie ad una borsa di studio all’Accademia di Belle Arti, quasi sprovvedutamente, poco dopo il termine della prima guerra mondiale, nel 1920 si trasferì a Milano, dove, successivamente, trovò fama e notorietà sia come pittore che come scultore al punto che, dalla sua morte, nel 1960, figura tra i cittadini benemeriti di Milano.

Dopo le lezioni di Filippo Palizzi, Giuseppe De Nittis, Francesco Paolo Michetti, Michele Cammarano, Vincenzo Gemito, massimi esponenti dell’arte meridionale, Vaccaro, aperto e ben disposto alle novità, giunto a Milano, apprende tecniche e stili dei più cosmopoliti artisti milanesi e dell’Accademia di Brera.

Un eclettico, quindi, sia nella tecnica che nei soggetti pittorici e scultorei: paesaggi, scorci cittadini, sia di Palermo (vedi S. Giovanni degli Eremiti) che di Milano, sua patria d’elezione, nature morte, fiori ma anche volti familiari e di bambini e a tema religioso (spicca una Pietà al Cimitero Monumentale di Milano) e animali.

Nelle sue pittura e scultura “disegnative”, egli riesce magistralmente a fondere il suo bagaglio multiculturale che unisce scene di vita quotidiana e di lavoro d’atmosfera verista a ritratti introspettivi e di scandaglio emotivo.

Titolo: Vito Vaccaro. Un filo che si riannoda

Dove: Palazzo S. Elia, via Maqueda 81

Da: 27 ottobre a: 27 novembre

Orari: mar.-sab. 10-18,30; domenica e festivi 9,30-13

Ingresso gratuito

giovedì, novembre 03, 2011

Melo Minnella a Palazzo S. Elia

Melo Minnella in una foto recente
Si intitola “I percorsi dell’immaginario” ed è una mostra fotografica del  palermitano Melo Minnella, artista della foto di mondial fama (al quale, già quest'anno, è stata dedicata una sezione di Mare Magnum), ospitata nella ex Cavallerizza (quella che ha ospitato le opere di Matilde Perez) di Palazzo S’Elia. Includente circa 100 scatti d’attimo, colti in giro per il mondo, questa mostra non ha nulla di immaginario dal momento che riunisce, veristicamente, scene di vita quotidiana di gente che, ogni giorno, svolge le sue mansioni nel modo più naturalmente culturale. Scrivo di “modo naturalmente culturale” perché, come scrisse un noto antropologo che, differenza di Minnella, non si spostò mai dal tavolino per inseguire le culture lontane, le tecniche del corpo, vale a dire tutti i gesti, le stesse smorfie, con cui ci muoviamo nel mondo, non sono affatto naturali, ma ognuno di noi li eredita, spesso a livello inconscio, dalle persone che ci circondano, parte integrante della propria cultura.

Volutamente non inserisco foto perché è una mostra che vi invito a vedere ma che io stesso non vedrò per ragioni che lascerò oscure.

Titolo: I percorsi dell’immaginario
Dove: Palazzo S. Elia
Fino a: 20 novembre 2011
Orari: mar- sab. 9,30-13; 16-19,30; domenica e festivi 9,30-13
Ingresso gratuito

domenica, ottobre 30, 2011

Festa dei Morti o Halloween? A voi la scelta!

Com’è già successo nelle scorse settimane, anche oggi intraprendo l’ennesimo volo pindarico (cui, spero, siate abituati!), partendo dal Guatemala, passando per la Gran Bretagna e l’Italia, facendo, poi, un breve scalo nell’America del Nord, per, infine, ritornare a Palermo.

Perché inizio dal Guatemala? Perché, in questi giorni, ho cominciato a leggere “Io mi chiamo Rigoberta Menchù”, un’intervista all’allora giovane contadina quiche (una minoranza etnica del Paese), premio Nobel per la pace nel 1992, raccolta e pubblicata, agli inizi degli anni ’80, dall’antropologa sudamericana Elizabeth Brugos.

Questo monologo-testimonianza narra la storia, spesso drammatica, della vita della contadina-combattente Rigoberta Menchù, con - entusiasticamente per uno studioso di tradizioni - moltissime notizie sui riti e sui costumi della sua cultura.

Quel che affascina di questo personaggio è il suo atteggiamento nei confronti delle culture tradizionali: ella continua ad indossare gli abiti della tradizione da lei tessuti con enorme fierezza, pur conscia del fatto che la perdurante chiusura che il suo popolo, il popolo quiche, ha sempre mostrato nei confronti dei latinoamericani abbia prodotto solo povertà e abbia invogliato quest’ultimi ad opprimere e perseguitare il suo stesso popolo.

Rigoberta, aderendo al movimento contadino di lotta contro i ladinos, ha lanciato questo messaggio al suo popolo e a tutti quei popoli che, per secoli, in difesa delle trasmissione di generazione in generazione della propria cultura, rifiutano aprioristicamente qualsiasi novità proveniente dall’esterno: se la chiusura al mondo produce oppressione, violenze e morte, è bene accogliere, con criterio, tutte quelle innovazioni culturali che possano contribuire alla preservazione della propria realtà etnica.

Del resto, io ho sempre sostenuto che le culture sono come degli organismi vivi, che crescono e fanno continuamente esperienza del mondo che sta loro intorno: se il contatto con un’alterità produce uno scambio che non modifica l’equilibrio (= salute) di tale organismo, esso è tenuto ad assimilarlo e a farlo suo. L’acculturazione oculata non necessariamente comporta il totale rifiuto o annientamento di quello che si è stati ma può produrre crescita e “progresso” (proprio della natura dell’uomo).

E veniamo alla tanto spesso contestata festa di Halloween, che, da alcuni anni, tenta di “minacciare” la scomparsa di una festa tanto radicata in Sicilia, la festa dei morti.

Halloween è il nome popolare di All Hallows Eve o All Hallows Even (o Evening) che, in italiano, si traduce vigilia o sera di Ognissanti. Halloween è una festa, in origine, celtica, che, come si evince dal nome, risente dell’acculturazione cristiana, fortissima nel Medioevo.

Andiamo alle origini. Tale celebrazione, agli albori, era la festa celtica di Lâ Samhna, letteralmente «giorno di Samain», che cadeva il 1° Novembre e che contrassegnava la fine dell’estate, un momento molto particolare dell’anno per quei popoli la cui economia era di tipo agro-pastorale: dopo la semina, i contadini, apparentemente, interrompevano le loro attività nei campi, in attesa che i semi facessero presa sotto terra, per prepararsi a germogliare. Questo momento dell’anno è ed era identico per tutte le altre culture euro-mediterranee basate su economie agro-pastorali.

I festeggiamenti, organizzati tra la fine di ottobre e i primi di novembre, erano, quindi, molto sentiti dalle comunità agricole perché, se i semi avessero ben attecchito nel terreno e le condizioni atmosferiche avessero tenuto, l’annata agraria sarebbe stata ottima e avrebbe alimentato un’intera comunità di persone.

Al di là dei nomi che la festa ha assunto nei secoli e delle terre in cui si è diffusa (secondo alcune fonti, dalla fine del V secolo molti discendenti dei Celti, dall’Irlanda, raggiunsero l’arco alpino e padano, portandosi dietro le loro tradizioni), quella che, poi, dal 600 d. C. è divenuta una festa cristiana ha mantenuto, nei secoli, sempre le stesse forme rituali: ricordo e commemorazione dei defunti, consumo di particolari cibi come frutta secca, dolci tipici che, a Palermo, si chiamano Ossa ri morti o Pupa a cena, questue di bambini, cui il 2 novembre, i “morti” portano in dono dei giocattoli.

Domani, molti bambini palermitani festeggeranno Halloween, travestiti come a Carnevale, busseranno ai vicini recitando “dolcetto o scherzetto?” mentre i ragazzi più grandi, di sera, andranno alle feste, magari in discoteca, tutti agghindati con finte zucche intagliate e dai volti spaventosi… sapete che i primi irlandesi, anziché le zucche, andavano in giro per le questue con delle rape intagliate?

Queste lanterne erano chiamate Jack O'Lantern, dal nome del protagonista di una leggenda irlandese, Jack, che, alla sua morte, poiché non aveva trovato posto né all'Inferno né in Paradiso, era stato condannato a errare in eterno sulla terra, illuminandosi la strada con un tizzone inserito in una rapa incavata, che poi è diventata una zucca...piena di semi, simbolo sia di morte che di rinascita!

Analogamente, nelle credenze popolari siciliane, i “morti” non sono altro che anime di trapassati che tornano, eccezionalmente, a far visita ai loro vivi, che li accolgono con tavolate ben imbandite, visite con mazzi di fiori al cimitero anche se non a titolo gratuito, è chiaro! Perché? Perché i cadaveri dei defunti sono sottoterra e sottoterra ci sono i semi, che, come ho sopra citato, sono parte integrante delle tavolate dei morti: castagne, noci, noccioline, il cosiddetto scacciu (che, in genere, include pure i semi di zucca seccati, no?); ad esse si aggiungono dolcetti che ricordano metonimicamente i morti che raffigurerebbero le loro ossa (come i costumi da scheletro!), ossa ri morti e, ancora di più, a pupa a cena, statuette di zucchero che, almeno in origine, riproducevano esclusivamente immagini di persone in miniatura…da mangiare, proprio come accade nel corso di un sacrificio, nel quale la vittima immolata è spartita tra i presenti e consumata, per acquisirne la sua forza, la sua energia vitale.

Il gusto per l’esagerata vistosità della festa di Halloween non è giunta, in Italia, direttamente dall’Irlanda ma solo qualche secolo dopo lo sbarco degli irlandesi in America, quando la carestia in patria li spinse a cercar fortuna nel Nuovo Mondo.

Oggi il dibattito tra i detrattori di Halloween e i sostenitori della sua diffusione in Italia è vivo e insoluto. Come avete letto, i punti comuni tra Halloween e la Festa dei Morti sono tantissimi e non a caso. Io sono per le aperture alle alterità, ma aperture intelligenti, che, quindi, prima d’essere accolte, siano spiegate alle masse, che, in genere, si lasciano trascinare per moda o solo perché “così fan tutti”.

Buona festa (qualsiasi essa sia) a tutti!

giovedì, ottobre 27, 2011

La Collezione Basile ad Architettura

Il prossimo weekend, quello del 29 e 30 ottobre, ricorrerà l’ultimo appuntamento del 2011 con “Le vie dei tesori”, occasione per visitare gratuitamente e con il supporto di una guida 13 siti dell’Università degli Studi di Palermo.

S. Giovanni degli Eremiti (Palermo)

La novità di quest’anno è stata la visita alla Collezione Basile, al primo piano della Facoltà di Architettura, in viale delle Scienze.

Essa è costituita di 34 grosse tavole, con l’ausilio delle quali il Prof. Giovan Battista Basile insegnava ai suoi studenti. In realtà, a realizzarle è stato uno dei suoi migliori studenti, Michelangelo Giarrizzo, il quale ha disegnato con minuzie di particolari spaccati di edifici, scorci di monumenti celebri, sia di Palermo che d’altre zone d’Europa (si ammiri l’Acropoli di Atene qui sotto).


Singolare la tecnica realizzativa: su supporti di legno d’abete, Giarrizzo collocò prima uno o due strati di tela grezza, poi del gesso diluito con colla e bianco di titanio; successivamente con pigmento nero disegnò le sue affascinanti opere d’arte.

Perché ho lasciato per ultimo questo post? Ve lo scrivo subito, purtroppo!

Alcune di queste tavole sono mal conservate al pari proprio con CHI vi scorterà (mi vien da ridere!) lungo il percorso: una guida assolutamente inadeguata, che sembra precipitata ad Architettura non si sa da dove!


Nel caso andiate a visitarla, vi consiglio di dare poco peso alle parole della guida, che non aggiungerà proprio nulla a quanto vedrete con i vostri occhi.