domenica, gennaio 29, 2012

Collettiva alla Galleria Mercurio...se trovate aperto, però!

Un'opera di Ercole Pignatelli
Salve a tutti, miei affezionati lettori! Continua, purtroppo, la mia fase tumultuosa, la quale mi permette di dedicare pochissimo tempo a Panormitania. So che molti, nonostante ciò, sono venuti a trovarmi con assiduità e di questo sono assai lieto…grazie molte e spero scusiate la mia temporanea impossibilità a gestire, come meglio si addice, il blog fondato dal mio caro amico Gadrino!
Andiamo al dunque, quindi. Oggi userò toni furiosi nei confronti di un’esposizione che, tutt’ora, è in corso ma che meriterebbe maggiore cura e attenzione!

Sarà, infatti, fruibile fino al 15 febbraio e presso la Galleria Mercurio di via Simone Cuccia 21, “Dai sessanta a oggi”, una collettiva pittorica ma anche grafica, che, nelle intenzioni, vuole apparire una panoramica sui grandi nomi dell’arte pittorica nostrana, per l’appunto, dagli anni ’60, a partire dal post-cubismo di Pippo Oriani, passando per le figure surrealiste di Ercole Pignatelli (del quale ho scelto l’immagine di una sua opera, non inclusa nella mostra) fino ad includere dei disegni di Dorazio, ospitato in contemporanea a Palazzo Ajutamicristo, sempre a Palermo.

È una collettiva nelle intenzioni, scrivevo e lo ripeto motivando le mie parole. Malgrado le aspirazioni dei galleristi siano state ambiziosissime, lo spazio espositivo pare insufficiente: la galleria è piccola e raccoglie una minuta selezione d’opere , che, nonostante debbano coprire un arco temporale assai esteso e periodi artistici, spesso, nettamente differenti tra loro, sono tutte “ammassate”  e paiono confondersi l’una nell’altra, svalorizzandosi vincendevolmente.
Altra nota critica? Il vostro amico Rino, pur essendosi recato in galleria entro gli orari d’apertura previsti, ha si visto la mostra dal marciapiede perché le luci dei locali erano accese ma del gallerista c’era solo il giubbotto, non la sua corporeità!
Mi è spesso capitato di visitare gallerie d’arte poco spaziose, trovandovi dentro, però, personale qualificato e appassionato ma…stavolta? Oltre il danno, la beffa di cogliere una esposizione in un solo sguardo (confuso) d’insieme ma restando fuori perché la galleria era chiusa negli effettivi orari d’apertura…che scrivervi di più? Andare o meno? Lascio a voi la scelta!
Titolo: Dai sessanta a oggi
Dove: Galleria Mercurio, via Simone Cuccia 21, Palermo
Fino al 15 febbraio 2012
Orari ufficiali di apertura:  da mar. a sab. 11-13; 17-20
Ingresso (se possibile) libero

domenica, gennaio 15, 2012

Un fotografo-filosofo a Palermo

In questi giorni è visitabile “Ferdinando Scianna e la Sicilia”, esposizione fotografica ospitata in ben due sedi, il Loggiato di San Bartolomeo e l’Oratorio dei Santi Elena e Costantino, il primo sito in Corso Vittorio Emanuele, proprio accanto a Porta Felice, mentre l’altro a Piazza Vittoria, nei pressi di Porta Nuova.

A collegare, idealmente, le due sedi sono tutta una serie di banner appesi lungo tutto corso Vittorio Emanuele, includenti sia riproduzioni di foto di Scianna, sia disegni che dipinti di giovani artisti e disegnatori che si sono ispirati alle immagini del fotografo siciliano.

Davvero brillante è la carriera del filosofo-fotografo Scianna, noto a livello internazionale e assai suggestive e, soprattutto, parecchio famose sono le foto ospitate al Loggiato di san Bartolomeo.

Sono foto di grande formato, rigorosamente in bianco e nero, perché tutta l’esposizione è un gioco di luce e tenebra, di chiaro e di scuro, come le scalette di una persiana aperte per lasciar filtrare luce appena sufficiente a illuminare volti aborigeni nascondendone, però, i più arcani segreti.

Molte sono foto di volti noti, come quelle di Ignazio Buttitta o degli straordinari Gesualdo Bufalino e Vincenzo Consolo (cui spero di dedicare dei post in futuro), molte sono immagini di gente comune eternate nella loro quotidianità ormai non più semplice o piatta ma valorizzata e impreziosita dal tocco di un fotografo un po’artista, in grado di bloccare l’attimo, cogliere sparute sfumature d’espressione, immortalare sentimenti eternandoli.

Per questo post ho scelto una sola immagine, quella che riproduce un gruppo di ragazzi che ammirano e rimirano qualcosa…chissà cosa, però! Il non saperlo mi ha incuriosito e un po’ stregato e mi arrovello ancora, più per scoprirlo, per immaginarmelo… secondo voi cosa stanno guardando anelanti?
Vorrei ricordarvi che molte notizie sul fotografo e numerose immagini dell'esposizione sono inserite nel sito internet dedicato http://www.ferdinandosciannaelasicilia.com/.
Ed ecco, per concludere, le righe critiche, che ci sono praticamente sempre! I due piani in cui si articola la mostra del Loggiato sono abbandonati a se stessi perché i figurinisti restano all’ingresso a chiacchierare, lasciando il visitatore libero di vagare in sale in penombra e alquanto gelide… avrei voluto ometterlo ma lo scrivo… chissà se puliranno mai i vetri dell’ascensore, talmente sono luridi!

Titolo: Ferdinando Scianna e la Sicilia

Dove: Loggiato di San Bartolomeo, corso Vittorio Emanuele 25

Oratorio dei Ss. Elena e Costantino, piazza Vittoria 22

Fino al 22 gennaio 2012

Orari del Loggiato: mar.-sab. 9,30-13; 16-19

Festivi 9,30-13

Orari dell’oratorio: mar.-sab. 9,30-13; 16-18

Festivi 9,30-13

Ingresso libero

mercoledì, gennaio 11, 2012

Sull'oro bianco...che non è un metallo!

Salve a tutti, miei affezionati lettori! Buon 2012! Spero di non esservi mancato troppo!
Certi impegni mi han tenuto lontano dal web ma, siatene certi, non vi ho dimenticato. Così, in attesa di tornare  a dedicarmi al blog a pieno regime, ho deciso di scrivere un post culinario, in linea con quanto avete assaporato nei mesi scorsi. A ben rifletterci, più che culinario spero sia saporito quanto basta in quanto corre il rischio di diventare alquanto salato!
Come si evince dal titolo, sto per scrivervi di oro bianco, che non è uno dei tre colori dell’oro, il metallo prezioso per eccellenza, ma del più comune cloruro di sodio, cioè del sale da cucina.
Ho deciso di scriverne mentre riflettevo sui tanti detti e parole ad esso legati: pensate al termine salario oppure all’espressione “il sale della terra” o ancora “rimanere di sale”, “avere poco sale in zucca” o il doloroso “spargere sale sulle ferite”…in tutto ciò il sale è protagonista indiscutibile!
Il sale è il condimento più comune e quasi onnipresente in ogni cucina e da epoca immemorabile. Secondo certe fonti, infatti, le più antiche sorgenti saline sfruttate dall’uomo risalgono al 6000 a. C. e si trovano a Lunca, in Romania.
Usato per condire ma anche e, soprattutto, per conservare più a lungo i cibi…pensate alle comunissime olive in salamoia, no? Salamoia non è un altro termine d’uso corrente?
Per molti secoli, se non millenni, è servito a conservare carne e pesce: animali sotto sale sono stati addirittura trovati in antiche tombe egizie. Per gli Egizi, infatti, esso era simbolo d’incorruttibilità.
E per i Romani? Roma fu una vera e propria civiltà del sale! Amando i cibi dal gusto forte, essi abbondavano quando salavano le loro pietanze. Oltre a produrlo nelle saline di Ostia, ne importavano da più parti percorrendo la famosa via Salaria, che collegava, attraverso l’Appennino, le coste dell’Adriatico a Roma.
Il sale, infine, era considerato una così grande ricchezza che la paga dei legionari, il salario, era proprio costituita da…sale! Il sale era una vera e propria moneta tant’è che divenne presto simbolo di saggezza. Ad esso è, in particolare associato il detto “cum grano salis”, cioè con un grano di sale: tra i primi cristiani, infatti, era diffusa la pratica di derivazione latina di porre sulla lingua del battezzato dei granelli di sale che, secondo la credenza, avrebbero trasmesso sapienza al nuovo proselito.
Ultima notizia: anche se mi sono espresso in termini generali, tra i tre usi che il sale avuto nella storia dell’uomo, ovvero per conservare, per condire e come moneta di scambio, è opportuno ricordare che ha sempre prevalso il secondo, contrariamente quanto a scuola gli insegnanti ci han sempre propinato: poiché mancavano i frigoriferi, per conservare i cibi più a lungo o per coprire il cattivo odore della putrefazione si usava il sale! Mai di più sbagliato! Il sale è sempre stato un bene di lusso perché molto costoso. Era il simbolo, quindi, dei ceti agiati, che desideravano il meglio e che si potevano permettere cibi sempre freschi e appena cotti. Ciò significa che aborrivano il consumo di cibi a lunga conservazione e, di conseguenza, le salamoie.
Ecco spiegato, riguardo al sale,  il perché l’uso del condire (pensate alle famose spezie!) ha prevalso sull’uso del conservare.