sabato, agosto 23, 2014

Antropologia del quotidiano

Buongiorno! Vi aspettate forse un post mostruoso? Mi spiace tradire le vostre aspettative ma non sarà così: la città è deserta (splendidamente deserta!) e le mostre sono chiuse, tranne quelle poche di cui vi ho scritto nei gironi scorsi.
Poche ore fa mi sono soffermata ad osservare una scena, ormai frequente per queste lande deserte per ora, ma incivili sempre.  È pratica comune e malsana, quando un qualsiasi semaforo è rosso, vedere il Nobel palermitano scavalcare la coda o la codina per piazzarsi al primo posto e sulle strisce. Quando diventa verde, la genialità del Nobel raggiunge il picco: non lo vede e deve essere “sollecitato” a suon di clacson per rimettersi in marcia!!!!! Avete mai notato questa pratica malsana e comune? Io di continuo e mi interrogo sempre: “Perché fanno così?”
Da antropologa da strapazzo (di fronte ai Nobel mi sento uno, nessuno e centomila!), tento di assumere una multi prospettiva per arrivare ad una risposta convincete, nel senso che convinca prima me e poi, eventualmente, gli altri: questo perché io ritengo che tutto quello che si fa abbia un senso…voi che ne pensate?
Questa pratica comune e malsana va letta tenendo conto sia del punto di vista di chi la esegue, sia dal punto di vista del contesto d’appartenenza, sia dal mio, quello di antropologa da strapazzo.
Partiamo dal punto di vista di chi la esegue: se gli chiedi “perché fai così” puoi ottenere mille e nessuna risposta assieme. Qualcuno ti ignora, qualcuno ti dice che sono broccoletti suoi, qualcuno ti dice che non è meno furbo di altri, qualche altro risponde che tutti fanno così, qualcun altro, il più intelligente, rimane a bocca aperta….

Veniamo al punto di vista del contesto d’appartenenza: è prassi. Il contesto si ferma in doppia fila regolarmente, si ferma anche occupando due posteggi, suona se non scatti al microsecondo quando scatta il verde, posteggia sulle strisce pedonali, se vede un pedone sulle suddette strisce accelera. Il contesto risponde è prassi.
Cosa dice l’antropologo da strapazzo? Voglia di stare al centro dell’attenzione, mania di protagonismo per “eghi” praticamente inesistenti. Lavoro che non c’è o che non soddisfa, relazioni sociali e familiari distorte, frustrazioni varie, inettitudine alla vita degenerano in comportamenti distorti e distorcenti…Molte culture li relegano ai margini degli spazi abitati o li espellono nel peggiore dei casi mentre noi ce li teniamo stretti…
Mi sta venendo in mente un brevissimo racconto scritto da Italo Svevo nel lontano 1897, intitolato “La tribù”: una tribù di nomadi, trovata un’oasi paradisiaca, decide di diventare stanziale ma s’accorge di non avere le leggi giuste per regolare la convivenza prolungata tra individui poco usi alla continuità e stabilità di relazioni.
Il consiglio degli anziani invia una sorta di delegato in Occidente per rubare queste leggi giuste ai “civilizzati”…quando torna scopre che la tribù è riuscita da sola a pensare a queste leggi e quali novità pensa di introdurre? Fabbriche che lui possa guidare per far lievitare le sue ricchezze e divenire un potente…
La tribù semplicemente lo scaccia.
Non possiamo scacciare i reietti? Rivolgiamo loro la più genuina indifferenza.

A presto!

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