mercoledì, agosto 31, 2011

Un piccolo tesoro: il museo del Risorgimento di Palermo

Scorcio del Chiostro di S. Domenico, a Palermo
Dopo un breve periodo di ferie, da lunedì 12 settembre 2011 torna ad essere visitabile un museo, da molta popolazione aborigena poco valorizzato e visitato, ovvero il Museo del Risorgimento "Vittorio Emanuele Orlando", sito in Piazza S. Domenico 1, a Palermo.
In questi giorni sono soltanto accessibili la biblioteca e il chiostro trecentesco della Chiesa di S. Domenico, che il gentile bibliotecario mi ha permesso di vedere. Dall'immagine, sono visibili gli archi a sesto acuto e le colonnine sia lisce che tortili, che si affacciano sul giardino centrale.
Poco frequentata, a eccezione di pochi esperti ed appassionati di storia, è la biblioteca.
Seppur l'unica sala di lettura, la Sala Pitrè, sia di esigue dimensioni, ma ssai vecchio stile, con i volumi ben ordinati su tutte e quattro le pareti, custoditi in librerie di legno scuro ma accogliente, e un lungo tavolo, anch'esso scuro e vissuto, la bibloteca ospita 101500 volumi e 1500 periodici, il cui principale argomento è la storia della Sicilia e della sua cultura.
Grande vanto per i soci della Società di Storia Patria, che nella sede del museo si incontrano e organizzano convegni, è che la maggior parte dei volumi è frutto di donazione di molti notabili e facoltosi cittadini e appassionati di storia della Sicilia, che hanno così contribuito all'allestimento della biblioteca nel 1890 e favorito la sua apertura la pubblico nel 1933: figurano Gabriele Ortolani, principe di Torremuzza, Francesco Benso, duca della Verdura, Girolamo Settimo, principe di Fitalia, senza omettere i nomi di Michele Amari e Antonino Salinas.
Nella sala attigua alla biblioteca, sorge il Museo del Risorgimento, dedicato al politico palermitano Vittorio Emanuele Orlando, grande protagonista della vita politica italiana post-unitaria fino agli anni del fascismo.
Un angolo del museo, con Garibaldi a cavallo
Il museo somiglia ad una specie di wunderkammer, l'antenata del museo moderno perchè custodisce una grande varietà di documenti: grandi quadri, ritratti e busti dei protagonisti delle lotte rivoluzionarie che dal 1820-21, gradatamente, condussero all'impresa dei Mille fino all'unità, armi, spade, uniformi, la bandiera sventolata da Garibaldi mentre, diretto a Marsala, si trovava a bordo del Lombardo, stampe e volantini clandestini.
Chiudono la sala le riproduzioni degli studi di Francesco Crispi e del poeta Giovanni Meli, in cui è inserita una copia della sua raccolta di poesie siciliane, tra le quali la Minsogna Saracina, con la quale commentò la nota menzogna del finto codice arabo dell'abate Vella, all'epoca del viceregno del Caracciolo, che ha ispirato il noto romanzo "Il consiglio d'Egitto" di Leonardo Sciascia.

Dove: Piazza S. Domenico 1
Orari biblioteca: da lun a ven 9-14
Orari museo: dal 12/09 da lun a ven 10-12
Biglietto: le visite sono gratuite.
N.B. Per vedere il museo, i gruppi devono preventivamente contattare il museo chiamando il numero 091/582774 o scrivendo un'email a info@storiapatria.it.

sabato, agosto 27, 2011

Vista per voi: Abiti Siciliani in Mostra a Palazzo S.Elia

Un gilet riccamente ricamato, esposto nella I sala
Da ieri, 26 agosto fino al 23 ottobre 2011, è visitabile l'esposizione "Ab origine. 150 anni di Provincia attraverso gli abiti siciliani", inserita nell'ambito del nutrito programma della 14a edizione di Provincia in Festa, nella restauratissima sede di Palazzo S.Elia, sito in via Maqueda 81.
Le 10 sale riservate alla mostra ospitano una discreta parte della monumentale collezione (che annovera ben 3000 pezzi) del prof. Raffaello Piraino, includente abiti maschili e accessori sia maschili che femminili, come, ad esempio, cappelli e borse di varie forme e colori, biancheria intima femminile, databili dalla seconda metà del '700 fino alla prima metà del '900.
Il primo gruppo di sale ospita abiti e accessori appartenuti ad alcune nobili famiglie siciliane che tentavano di emulare la moda francese della corte di Luigi XVI: numerosi i gilet di varie fantasie e colori per gli uomini, parte integrante dell'habite a la francoise mentre, per le donne, spiccano le marsine e i rendigote, con tutta una sala dedicata alla biancheria da camera, con ricamatissime sottovesti e e simpatiche bavolette e un'altra ad abiti che le donne cambiavano al mutare delle ore del giorno: abiti del mattino, abiti del pomeriggio e da passeggio, da visita e, scollatisismi, da sera. unica costante era il bustino mozzafiato che riduceva il girovita di almeno 2-3 taglie...
Un secondo gruppo di sale, in cui gli abiti sono cerimoniosamente schierati lungo i lati delle stanze, quasi come delle cariatidi variopinte e preziosissime che reggono un'ampio squarcio sul passato, è dedicato agli abiti e ai cappelli di '800 e '900: sgargianti i colori che vanno dal rosso fuoco al viola acceso fino al sempre elegante nero e molti variegati tessuti come il taffetas, il gros di seta e l'organza.
Questo è il periodo in cui nasce l'alta moda, in Francia, ad opera di Charles Frederic Worth e in cui cominciano a comparire le prime grandi sartorie italiane.
Le ultime due sale sono interamente novecentesche: interessanti gli abiti in stile anni '30, manca solo un charleston di sottofondo.
Note dolenti: 1) è vietato scattare foto; 2) per leggere le targhette esplicative bisogna fare molta strada; 3) certi pannelli riepilogativi sono poco accurati.

Titolo: Ab origine
Dove: Palazzo S.Elia, via Maqueda 81
Da: 26 agosto a: 23 ottobre
Orari: da martedì a giovedì e la domenica 9,30-19,30;
venerdì e sabato 9,30-22
Costo biglietto: Gratuito

Antonello Cassandrino e l'ignoto marinaio

Ho sempre immaginato che faccia fece il barone di Mandralisca, Enrico Piraino, mentre, passeggiando per i vicoli di Lipari e, magari, cercando di acquistare un qualche intruglio per lenire il mal di pancia o forse un lassativo, entrò nella bottega di uno speziale e si vide di fronte, sistemato al posto di un anta di un armadietto, il viso sfacciato di un uomo che lo fissava ridendosela di lui e di chiunque passasse di là e che a uno sguardo meno distratto recava lo stile inconfondibile di un celebre pittore del XV secolo il cui nome era Antonello da Messina.
Sconcerto, stupore o presa per i fondelli? Cosa pensate passò nella sua mente?
Questa è la storiella un po' romanzata della scoperta fortuita di un capolavoro: il Ritratto d'ignoto marinaio, una delle opere, che reputo, più rappresentative del pittore siciliano.
Questo ritratto è davvero un capolavoro piccolo piccolo: le sue dimensioni sono di 30x24,5 cm e chi si reca al Museo Mandralisca di Cefalù, dopo averlo ammirato tante volte nei libri, deve avvicinarsi parecchio per vederlo.
Non si sa chi fosse il suo committente e nemmeno l'anno in cui lo realizzò è certo, anche se si stima che sia stato dipinto tra il 1465 e il 1476.
Come si nota sopra, raffigura il primo piano di un uomo, posto a tre quarti e su uno sfondo nero come la pece, come andava di moda tra i pittori fiamminghi dell'epoca, dai quali Antonello fu ispirato e che reinterpreto con uno stile tutto personale. Quel che spicca è, infatti, l'espressione facciale dell'uomo, forse un marinaio(considerata la foggia dell'abito) o forse un nobile facoltoso: occhietti volpini e furbi e un sorriso appena abbozzato, che pare che, da un momento all'altro, possa trasformarsi in un ghigno simil-diabolico.
La grande peculiarità del ritratto penso sia il suo essere senza tempo: più lo guardo e più mi convinco che possa rappresentare il palermitano tipo d'oggi. A livello somatico ci siamo dal momento che la stragrande maggioranza dei meridionali ha carnagione scura e capelli e occhi castani o neri. A livello psicologico ce ne sarebbero cose da scrivere: convinto d'essere un furbone e di saperla lunga, vive ogni esperienza quotidiana come una sfida, soprattutto quando con una mano regge il volante e con l'altra l'immancabile telefonino; alle volte, poi, è travolto da manie di superomismo, specialmente quando giunge al posto fisso grazie all'amico e guarda gli altri dal basso all'alto perchè "è vero, lavoro non ce n'è e l'epoca è tinta"...non vi scrivo quando, infatti, proferisce più di quattro parole di seguito...
Che forza questo Antonello-Cassandrino, non vi pare?

sabato, agosto 20, 2011

Pasta, che passione siciliana!

Secondo l'Antropologia Strutturale del tanto compianto Claude Levi Strauss, ogni struttura sociale poggia su termini dicotomici, regolati dal principio di opposizione e correlazione come alto vs basso, vicino vs lontano, crudo vs cotto e fresco vs secco.
Che c'entra con la pasta? Eccome se c'entra!
Quando gli esperti in culinaria indagano sull'origine della pasta, affermano sempre che essa abbia un'origine assai antica e tra i primi a mangiarla ci siano i cinesi...state pensando agli spaghetti cinesi, immagino!
In realtà, come riporta nei suoi numerosi saggi dedicati alla storia del cibo e dell'alimentazione il medievista Massimo Montanari (cito solo uno dei suoi titoli: La fame e l'abbondanza. Storia dell'alimentazione in Europa, Laterza, Roma-Bari 2006), occorre distinguere tra pasta fresca  e pasta secca, per la quale l'Italia è tanto famosa nel mondo e della quale è la patria originaria. Anzi la Sicilia, e più precisamente, Trabia, località marinara a pochi chilometri da Palermo. Secondo il geografo Edrisi, infatti, nel XII secolo a Trabia sorgeva una fiorentissima industria di pasta secca, itrija. E con tria, nei libri di cucina italiani del XVI secolo era menzionata la pasta di forma allungata.
Ebbene si! I Siciliani, fieri abitatori del granaio di Roma, hanno inventato la pasta, mettendo, però, in pratica le tecniche di essiccazione della stessa, sperimentate dagli Arabi, la cui cucina tradizionale, ad ogni modo, non la contempla.
La Sicilia, inoltre, oltre ad essere una grande produttrice è divenuta presto una grande esportatrice: primi ad importarla sono stati i Genovesi, che hanno iniziato pure a produrla e a farla conoscere alla Toscana e ad altre regioni del Mediterraneo.
Tornando a Levi Strauss, è bene ricordare che la produzione locale (vedi i vermicelli toscani)  e importazione hanno, soprattutto, attecchito, nella parte più centro-meridionale dell'Europa, quella calda, mentre meno in quella alta e più fredda, amggiore consumatrice di pasta fresca (pensate ai tortellini!).
Per sovrabbondare con le coppie oppositive (alto/basso, Nord/Sud, caldo/freddo), per lungo tempo, inoltre, la pasta secca, prevalentemente fatta con acqua e farina, fu considerata un cibo basso e povero, perchè costituito da ingredienti poveri e, soprattutto, perchè si produceva e conservava specialmente nei periodi di magra e, in ultimo, si mangiava con le mani; la pasta fresca, invece, fu ritenuta appannaggio dei nobili perchè erano i soli a consumare alimenti sempre freschi, come anche la carne e il pesce. In tono dispregiativo, infatti, furono designati a lungo come "mangiamaccheroni", epiteto ereditato nel XVIII secolo dai napoletani.
Ovviamente, nei secoli seguenti, la pasta ha avuto, non a caso, una diffusione mondiale per un motivo semplicissimo, in fondo: è incredibilemnte buona.
Buon appetito a tutti!

mercoledì, agosto 10, 2011

Visitate Solunto!




Tra le colonne, ecco il mar Tirreno visto da Solunto
Dopo 2 lunghi anni di chiusura, a seguito del fantomatico incendio di un palo elettrico, di cui, ad occhio nudo, non si ravvisano le tracce, a partire da febbraio 2011 è visitabile il Parco Archeologico dell'Antica Solunto, sita in posizione strategica sulle propagini sud-orientali del Monte Catalfano, sopra Porticello a circa 20 km da Palermo.

A fondare la città, il cui nucleo originario non sorgeva dove attualmente troviamo Solunto, sono stati i Fenici, nell'VIII sec. a.C., col nome di Kfra, da cui Kafara, che significa roccia. Dopo il saccheggio e la distruzione imputati al greco Dionigi il Vecchio nel 396 a. C., è stata ricostruita, divenendo maggiormente nota alle fonti greche antiche col nome di Solus (roccia) e, dopo la conquista romana nel 250 a.C. circa, nel corso della seconda guerra punica, Soluntum.

Il declino della città è iniziato, senza che il motivo del quale sia stato ancora scoperto, a partire dal I sec. a.C..

Leda col cigno in braccio
Gli scavi archeologici dell'area, iniziati a partire dalla metà del XIX secolo, hanno restituito un sito di pregevole interesse perchè, mentre si gira tra i ruderi armati di cappellino e scarpe comode, è possibile ripercorrere le stesse strade e i gli stessi viottoli che percorrevano quotidianamente i suoi antichi abitanti, respirando profumo di fatica e di storie intensamente vissute. Anche è possibile varcare la soglia delle case delle varie insulae, attraversare le stanze e, nelle case dei ricchi commercianti, analizzare i mosaici dei pavimenti come quelli della Casa delle Ghirlande o i resti di affreschi come quelli della Casa di Leda.

Si può fare un salto alle terme o al foro, in palestra e a teatro (quest'ultimo mal conservato), e, nel frattempo, rimirare il panorama mozzafiato, che abbraccia tutto un golfo, con il blu intenso del mare da cui spunta, come a fare una siesta sul pelo dell'acqua, la collina aforma di pesce che è Mongerbino.

Vicino alla biglietteria ma visitabiler alla fine del giro, sorge un piccolo Antiquarium, che custodisce ben pochi reperti, comunque degni d'una sbirciata.

Il sito è visitabile ogni giorno dalle 9 alle 17,30, mentre nei festivi dalle 9 alle 13.

Il biglietto intero costa 2 euro, il ridotto solo 1.


Dove: via Collegio Romano, comune di S. Flavia
Orari: 9-17,30; festivi 9-13
Per info: 091904557

giovedì, agosto 04, 2011

Vista per voi: l'Archivio Storico Comunale di Palermo si autoespone

Album con le foto tessera dei Garibaldini
Dal 25 giugno e lo sarà fino al 23 settembre 2011 la mostra "L'Archivio si racconta-Fonti per la storia cittadina (secc. XIII-XX)" all'Archivio Storico Comunale di via Maqueda 157, a Palermo.


Carta del porto di Messina
Essa espone una serie di documenti, tra i più rappresentativi, conservati per secoli e rispoleverati per l'occasione, sebbene i più deperibili siano già stati sostituiti con fotocopie: compaiono atti emessi da quello che, nel '500, era noto come Senato, cui, in realtà, corrispondeva la Curia dei Giurati cittadini, bandi pubblici, trascritti dal Maestro Notaro, documenti tratti dagli Archivi dei Cerimoniali, manifestazioni pubbliche come quella della donazione delle "cento onze" alla Chiesa, in occasione della festa dell'Immacolata Concezione, progetti con disegni di lavori pubblici, come quelli relativi alla costruzione del Chiosco Ribaudo e del teatro Massimo, opere di Ernesto Basile, o dell'insegna del futuro palazzo sede de "La Rinascente" di fine '800.


I documenti e le carte esposti sono puramente simbolici ma, come anticipato, rappresentativi, se consideriamo che gli scaffali delle due sale, la prima intitolata al primo direttore Pollaci Nuccio, l'altra all'architetto Damiani Almeyda, pullulano, fino a quasi straripare, di grossi plichi e tomi.


Le note dolenti della mostra ci sono e si vedono: l'allestimento scarno valorizza poco le teche in cui sono esposti i documenti e, soprattutto, nei giorni in cui i visitatori scarseggiano, malgrado all'ingresso figurino 5-6 lavoranti, si corre il rischio di vedere la mostra in completa penombra perchè l'accompagnatore alla mostra preferisce non intralciare il compito, che sarebbe d'altri, di accendere le luci delle sale... per fortuna che la mostra è gratuita, ma non per il Comune che paga il personale per NON accendere le luci all'occorrenza.

Invito, calorosamente, chi deciderà di visitare la mostra, di compilare con scrupolo il questionario di valutazione all'uscita.

Titolo: L'Archivio si racconta
Dove: Archivio Storico Comunale, via Maqueda 157
Da: 25 giugno a: 23 settembre
Orari: da lun a ven 9-13; merc anche 15,30-17,30

lunedì, agosto 01, 2011

Bregovic arriva a Palermo

Primo piano di Goran Bregovic
Approderà lunedi 22 agosto 2011, alle ore 21,30, la fragorosa carovana di Goran Bregovic e della Wedding & Funeral Band, negli incantevoli scenari del parco archeologico del Castello a Mare, in via Patti, nei pressi della Cala, a Palermo, ad ingresso eccezionalmente gratuito.
Tra i ruderi dell'antica fortezza affacciata sul mare, nella cui architettura si sono fuse, nei secoli, influenze arabe, normann e spagnole, anche il conturbante e vitale Bregovic, accompagnato da un'altrettante straripante fanfara di ottoni, si esibirà mescolando in un "cocktail etnico" lo stile musicale della più pura tradizione balcanica, quella dei riti matrimoniali e dei funerali, con i suini della sua chitarra elettrica.
La musica di Goran Bregovic, nota ai più per le colonne sonore da lui composte per i film del connazionale Emir Kusturica, ha un sapore multietnico e, allo stesso tempo, di frontiera, proprio come il Castello che si adagia sul mare e come la Sicilia che, nel corso della sua storia, è divenuta crocevia di culture e che, nel presente, appare sempre più terra d'immigrazione e di progressiva integrazione.
Lo spettacolo è parte integrante del festival estivo, giunto alla III edizione, Porto d'Arte, iniziato il 27 luglio con il concerto inaugurale di Sting e che si concluderà il 4 settembre, con il concerto dell'orchestra "Arturo Toscanini" di cui sarà direttore l'altisonante nome di Uto Ughi. Per informazioni sugli altri spettacoli gratutiti e non, vi invito a visionare gli articoli che Balarm dedica all'evento.
Si ricorda che, normalmente, i ruderi del Castello a Mare sono visitabili dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 17, nei prefestivi e festivi, invece, dalle 9 alle 13,30. Nelle sere degli spettacoli, il sito sarà visitabile, inoltre, anche dalle 20 alle 24.
Il biglietti d'ingresso è 2 euro, mentre il ridotto e il biglietto per i residenti in provincia di Palermo è 1 euro.

Il testamento di Gadrino

Amici miei, la mia eredità non si compone di beni materiali, ma vi resteranno per sempre la mia giocosità, la mia gioia di vivere, il rispetto che, mia auguro, di avervi insegnato nel breve tempo trascorso insieme.


Se sono riuscito a spiegarvi cos'è l'amore di un gatto e sarete così capaci di donarne un po' a un qualsiasi tipo di essere vivente, spero di avervi lasciato un bene inestimabile e "fuserò" per sempre felice, tra le nuvole del Paradrino, dove non piove mai ma cibo e mai ci si fa il bagno...


Una raccomandazione: non provate mai a dimenticarmi perchè non ci riuscirete e non dite mai "Basta animali! Abbiamo sofferto tantissimo!" perchè vorrò dire che non vi ho lasciato proprio nulla.


Se vi insegnato l'amore, dimostratelo anche ad un altro animale, che vi regalerà gioia e tenerezza e amore.


E solo alla fine, vi lascerà un testamento come questo. Così, senza accorgervene, imparerete e crescerete e...morirete, proprio come è successo a me, sapendo, però, che ci rivedremo tutti insieme in un unico Paradrino, poichè non c'è un paradiso per gli umani e un Paradrino per gli animali, ce n'è uno solo per tutti quelli che hanno imparato ad amare.


Gadrino