Oggi ho deciso di dedicare un copioso post ad una pianta, le
cui foglioline, d’estate, spargo praticamente
su ogni pietanza (col caffè non ho ancora provato però!) sia per condire che
per profumare e colorare: il basilicò, come è chiamato a casa mia ma che, nell’italiano
standard, tutti chiamano basilico e, in botanica, è detto Ocinum
Basilicum, ovvero profumo per ocinum e
potremmo tradurre basilicum con regale
perché deriva dal greco basilikòs
(che certi termini dialettali derivino dal greco?), che significa, appunto, regale.
A spiegare la sua regalità, o per meglio scrivere, deità, sono gli Induisti che associano una pianta molto simile al
nostro basilico, la tulasi, alla
sposa di Vishnu, Lakhsmi, dea della bellezza e dell’armonia molto invocata da
donne che vogliono aver figli.
Sempre in India, e, analogamente, nella Creta antica, dove il
basilico era considerato pianta del lutto, una foglia di tulasi è posta sul petto di una persona morente allo scopo di
favorirne l’ascesa al palazzo di Vishnu, dove risiedono tutti gli uomini pii.
In generale al basilico varie credenze religiose di varie
epoche storiche attribuiscono virtù purificatorie del corpo e la capacità di
tenere lontani gli spiriti dagli influssi maligni…insomma, come l’aglio per
Dracula!
In Sicilia, ed è questo che più ci interessa, è in genere
simbolo di amore e amicizia. Secondo la tradizione popolare, infatti, la famosa notte della vigilia di S. Giovanni (una
notte considerata magica), anticamente, le donne che stringevano rapporti di
comparatico si scambiavano dei vasi di basilico, diventando, per l’appunto,
comari di basilico.
Pittoresche sono le simbologie amorose del basilicò. Quando
un ragazzo spasimava per una ragazza ed ella ci stava poneva sul suo davanzale
un vaso di basilico…il che mi induce ad esternarvi alcuni miei pensieri: e se
la camera della ragazza non aveva una finestra? O se era inverno cosa metteva
fuori? È mai capitato che, mentre la ragazza tirava fuori il vaso, gli è caduto
giù mandando a miglior vita il suo spasimante? State immaginando la scena?
Proprio al vaso di basilico su cui è centrata una “divertente”
(sono ironico!) novella contenuta nel Decamerone
del Boccaccio ho pensato mentre iniziavo questo post: se non avete mai letto la
storia di Isabetta di Messina, ve la racconto io!
Devo ammettere che questa ragazza era una che precorreva i
tempi, non una donna del ‘300! Ad ogni modo, Isabetta si era innamorata
perdutamente di un ragazzo ma, anziché aspettare affacciata alla finestra con
il basilicò sul davanzale le serenate e le poesie dello spasimante per poi fidanzarsi
e sposarsi, aveva deciso di andare al sodo e di darsi al piacere dei sensi col
suo lui (che immagino sarà stato contentissimo!), nascondendolo alla sua
famiglia e, in particolare, ai suoi fratelli siculi e iperpossessivi.
Come vi aspettate, ad un certo punto i fratelli scoprono cosa
fa l’allegra sorella in compagnia dello zito e che fanno? Lo ammazzano e lo seppelliscono in un luogo segreto!
Isabetta inizia a piangere e disperarsi cercando anche di
scoprire dov’è sepolto il suo amante. Scopertolo, dopo aver sognato il suo fantasma cereo e
stracciato, non potendo disseppellirlo tutto da sola e dargli miglior sepoltura,
gli taglia la testa, se la porta a casa e la nasconde dentro un bel vaso di
basilico, che diventa il centro della sua esistenza perché non fa altro che
stargli davanti e piangergli sopra, senza aver bisogno di annaffiarlo!
Tutti, inclusi i fratelli, s’accorgono che Isabetta non fa
altro che piangere e la pianta non fa altro che crescere finché i fratelli non
fanno sparire la pianta per dissotterrare i resti di un cranio e Isabetta muore
di crepacuore. Una storia d’amore decisamente noir che ben spiega l’ambivalenza
simbolica del basilico: da un lato associata alla purificazione, alla
fertilità, all’amore e all’amicizia, dall’altra alla morte ed al lutto…ma anche
alla follia!
Al di là di tutto ciò, io l’adoro perché profumatissimo e
squisito…e penso lo sia stato di più quello di Isabetta!
Nessun commento:
Posta un commento