Buongiorno! Vi aspettate forse un post
mostruoso? Mi spiace tradire le vostre aspettative ma non sarà così: la città è
deserta (splendidamente deserta!) e le mostre sono chiuse, tranne quelle poche
di cui vi ho scritto nei gironi scorsi.
Poche ore fa mi sono soffermata ad
osservare una scena, ormai frequente per queste lande deserte per ora, ma incivili
sempre. È pratica comune e malsana,
quando un qualsiasi semaforo è rosso, vedere il Nobel palermitano scavalcare la
coda o la codina per piazzarsi al primo posto e sulle strisce. Quando diventa
verde, la genialità del Nobel raggiunge il picco: non lo vede e deve essere “sollecitato”
a suon di clacson per rimettersi in marcia!!!!! Avete mai notato questa pratica
malsana e comune? Io di continuo e mi interrogo sempre: “Perché fanno così?”
Da antropologa da strapazzo (di fronte ai
Nobel mi sento uno, nessuno e centomila!), tento di assumere una multi
prospettiva per arrivare ad una risposta convincete, nel senso che convinca
prima me e poi, eventualmente, gli altri: questo perché io ritengo che tutto
quello che si fa abbia un senso…voi che ne pensate?
Questa pratica comune e malsana va letta
tenendo conto sia del punto di vista di chi la esegue, sia dal punto di vista
del contesto d’appartenenza, sia dal mio, quello di antropologa da strapazzo.
Partiamo dal punto di vista di chi la esegue:
se gli chiedi “perché fai così” puoi ottenere mille e nessuna risposta assieme.
Qualcuno ti ignora, qualcuno ti dice che sono broccoletti suoi, qualcuno ti
dice che non è meno furbo di altri, qualche altro risponde che tutti fanno
così, qualcun altro, il più intelligente, rimane a bocca aperta….
Veniamo al punto di vista del contesto d’appartenenza:
è prassi. Il contesto si ferma in doppia fila regolarmente, si ferma anche
occupando due posteggi, suona se non scatti al microsecondo quando scatta il
verde, posteggia sulle strisce pedonali, se vede un pedone sulle suddette
strisce accelera. Il contesto risponde è prassi.
Cosa dice l’antropologo da strapazzo? Voglia
di stare al centro dell’attenzione, mania di protagonismo per “eghi”
praticamente inesistenti. Lavoro che non c’è o che non soddisfa, relazioni
sociali e familiari distorte, frustrazioni varie, inettitudine alla vita
degenerano in comportamenti distorti e distorcenti…Molte culture li relegano ai
margini degli spazi abitati o li espellono nel peggiore dei casi mentre noi ce
li teniamo stretti…
Mi sta venendo in mente un brevissimo
racconto scritto da Italo Svevo nel lontano 1897, intitolato “La tribù”: una
tribù di nomadi, trovata un’oasi paradisiaca, decide di diventare stanziale ma
s’accorge di non avere le leggi giuste per regolare la convivenza prolungata
tra individui poco usi alla continuità e stabilità di relazioni.
Il consiglio degli anziani invia una sorta
di delegato in Occidente per rubare queste leggi giuste ai “civilizzati”…quando
torna scopre che la tribù è riuscita da sola a pensare a queste leggi e quali
novità pensa di introdurre? Fabbriche che lui possa guidare per far lievitare
le sue ricchezze e divenire un potente…
La tribù semplicemente lo scaccia.
Non possiamo scacciare i reietti?
Rivolgiamo loro la più genuina indifferenza.
A presto!